Il gusto musicale: fenomeni cerebrali connessi all’ascolto della musica

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L’ascolto di un brano musicale favorito stimola in tutti lo stesso schema di attivazione cerebrale a prescindere dal genere musicale

Quando ascoltiamo un brano che ci piace particolarmente, qualunque esso sia, lo schema di attivazione cerebrale è lo stesso per tutti. È quanto è emerso da una nuova ricerca pubblicata su “Scientific Reports” da Robin Wilkins nel North Carolina.

Il gusto musicale è quanto di più vario si possa immaginare

I fenomeni cerebrali connessi all’ascolto della musica sono un territorio in gran parte ancora inesplorato dalle neuroscienze. Negli studi sulle percezioni soggettive associate all’ascolto della musica, le persone riferiscono che i loro pezzi preferiti stimolano o evocano pensieri, ricordi e sentimenti, con le medesime connotazioni emotive e autobiografiche.

Com’è possibile che reazioni simili vengano innescate nel cervello da generi musicali che differiscono per molte caratteristiche melodiche, ritmiche e armoniche?

Per scoprirlo, gli autori hanno sottoposto a risonanza magnetica funzionale 21 soggetti mentre ascoltavano brani di cinque generi diversi: classica, rap, country, rock, musica tradizionale cinese, scelti in parte in base alle loro preferenze, in parte in modo casuale.

Sono stati così identificati alcuni schemi di connessione tra le aree cerebrali attivati dall’ascolto della musica preferita che erano comuni a tutti i soggetti, indipendentemente dal tipo di musica. In particolare, si è osservato un aumento delle connessioni in un circuito cerebrale noto come default mode network, di cui alcune ricerche hanno dimostrato il collegamento con il pensiero introspettivo o creativo.

Default mode network

Le connessioni appaiono rafforzate in particolare nel default mode network associato al pensiero introspettivo e creativo, mentre l’ippocampo, associato alla memoria emotiva, appare sconnesso dalla corteccia uditiva. Ciò indicherebbe che l’ippocampo non sta elaborando gli input sonori, ma sta rievocando emozioni e pensieri che appartengono alla storia personale del soggetto.

La scoperta potrebbe avere interessanti ripercussioni per la musicoterapia

In soggetti affetti da autismo, schizofrenia, depressione o da disturbo post-traumatico da stress, infatti, le connessioni del default mode network appaiono alterate. Gli autori ipotizzano che l’ascolto dei brani preferiti dal soggetto (e non di quelli proposti dal terapeuta) potrebbe avere maggiore efficacia terapeutica.

Un secondo importante risultato dello studio di Wilkins e colleghi è la scoperta che, durante l’ascolto della musica preferita, l’ippocampo, la cui attività è associata al consolidamento dei ricordi delle esperienze sociali ed emotive, risulta scollegato dalla corteccia uditiva, che raccoglie ed elabora le informazioni percepite dall’orecchio. Secondo gli autori, questo significa che in quel momento l’ippocampo non è impegnato a elaborare nuovi input uditivi, ma a rievocare esperienze emotive e pensieri consolidati.

Fonte: http://www.nature.com/srep/2014/140828/srep06130/full/srep06130.html

Robin Wilkins

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